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Nel mondo HR 2.0 qual è l’ATS (Applicant Tracking System) migliore? Una risposta univoca e obiettiva dei responsabili commerciali delle software house e mi ritiro a vita monastica. Quante volte ti hanno detto che la soluzione da loro proposta era efficiente, facile da utilizzare, intuitiva, performante, economica, scalabile, modulare, responsive, e via discorrendo con un profluvio di termini in Italish (IT-Italiano-English) buttati lì quasi per convincerti della validità della loro proposta? Ma quanti ti hanno chiesto quale sia il processo di recruiting, quali siano i flussi di lavoro, quali siano i risultati attesi dall’investimento e quali siano le strategie di employer branding della tua azienda? Già, per quanto siano importanti le funzionalità che definiscono “2.0” un ATS, quali ad esempio la possibilità per l’utente aziendale di pubblicare l’annuncio di lavoro su più canali e la possibilità per il candidato di inserire il proprio profilo direttamente dai social network, la scelta di un ATS non può prescindere dalla considerazione delle strategie di employer branding aziendale. Vediamo come.

NIENTE CACCIA AL TESORO
La pagina “Lavora con noi” deve avere una collocazione nel sito in linea con l’importanza data alla risorsa da inserire. «Non ci arrivano candidature dal sito» è una delle lamentele più frequenti, e poi si scopre che gli annunci di lavoro sono inseriti in una sottosezione di “Chi Siamo” o di “Contatti”. Può il candidato, una volta “atterrato” sul sito aziendale, andare a cercare come un cane da tartufo l’annuncio di lavoro?

TEMPO E COMODITA’
Come corollario del precedente punto, il candidato deve entrare rapidamente nella sezione che maggiormente lo riguarda. Raccontare i valori, la storia, le esperienze va bene ma il rischio di far perdere il candidato in un labirinto è alto. Analogamente, nella compilazione del form cv occorre permettere al candidato di salvare i dati anche in diverse fasi senza perdere quanto già immesso nel sistema.

EVP TRASPARENTE
Se l’azienda non comunica nella sezione “Lavora con noi” la sua Employee Value Proposition, cioè la sua promessa di valore al candidato, dove altro lo può fare? Anche qui occorre studiare il giusto bilanciamento tra esposizione e ricezione del messaggio, e l’essenza della EVP deve trasparire nell’ATS.

SOCIAL & MOBILE
E’ un binomio indissolubile, specialmente nella generazione dei Millennials (Generazione Y). Ogni strategia di employer branding non può prescindere dalla considerazione che i candidati utilizzano sempre più i social network e lo smartphone per cercare lavoro, pertanto anche l’ATS deve considerare questo binomio. Un form mini cv può consentire ai Millennials di compilare sul mobile pochi campi fondamentali e di caricare il cv da allegato oppure di candidarsi ad una posizione inserendo le proprie credenziali di accesso a Linkedin, Facebook, Twitter.

Un attimo, stiamo parlando di ATS, social network o di Employer Branding? Riassumo. Forma e contenuto nella galassia web 2.0 si intrecciano e sono interdipendenti. Ecco perché un ATS non può essere solo uno strumento installato o venduto in SaaS o Cloud punto e basta. Un ATS è uno strumento di Employer Branding che nel mondo HR 2.0 a sua volta si declina con i social network, sia dal lato dell’utente aziendale sia dal lato del candidato.

CAREER FAIR, JOBMEETING, FIERE DEL LAVORO, WORKSHOPDAY…
On line e off line sono due lati di una stessa medaglia: a meno che tu non stia cercando un hikikomori (nerd patologico che vive recluso in casa connesso al mondo solo grazie al web), è utile selezionare de visu i candidati, vedere come pensano e reagiscono a certe domande, e soprattutto è importante partecipare ad una manifestazione di orientamento post-diploma o post-laurea per migliorare la brand awareness. Anche in questo caso l’ATS deve prestarsi ad essere utilizzato sia dal selezionatore sia dall’aspirante candidato. Giuro, niente più giapponese, latino e inglese nello stesso periodo!

GAMIFICATION & COMPETENZE TRASVERSALI
I nuovi ATS dovranno essere integrati con sistemi di valutazione soft – disponibili sui social o su delle app specifiche, ispirati ai criteri della Gamification – per effettuare un primo screening dei candidati attivi in linea con gli obiettivi di risultato. E’ evidente come la Gamification si inserisca negli strumenti di employer branding perché, attraverso un gioco virale con traguardi e riconoscimenti intermedi, l’azienda riesce ad attrarre l’attenzione di numerosi possibili candidati, anche futuri, veri e propri ambasciatori del brand in quanto testimoni diretti e divulgatori di un’esperienza originale. Questa tendenza, diffusasi in reazione ad una corrente di pensiero contraria all’utilizzo di algoritmi matematici per la selezione delle risorse umane e favorevole alla considerazione di elementi qualitativi, si rafforza per la parallela presenza sul mercato di test, anch’essi integrabili nell’ATS, volti a valutare le competenze trasversali e la rispondenza del candidato ai valori aziendali.

Più employer branding di così…

Vincenzo Russo
Senior Consultant
Cesop Communication srl